L’incontinenza urinaria nell’Anziano Un mito da sfatare, un problema da affrontare
L’incontinenza urinaria, in particolare nelle forme collegate a rilassamento muscolare del distretto pelvico, costituisce un sicuro motivo di interesse nell’assistenza per tutta una serie di ragioni, tra le quali la multidimensionalità degli effetti negativi per i soggetti che ne sono affetti, la buona risposta terapeutica ed approcci comportamentali non invasivi e il possibile protagonismo del paziente nella sua cura.
L’interesse scientifico nei confronti dell’incontinenza urinaria, che ha portato all’individuazione di diverse diagnosi e dei relativi trattamenti, è abbastanza recente, mentre un tempo si etichettava il problema in modo generico e gli interventi erano centrati solo sul controllo e il contenimento degli effetti sgradevoli delle perdite (il bagnarsi, l’odore, la macerazione cutanea ecc.). Dobbiamo sempre avere ben chiaro a mente che l’obiettivo di un invecchiamento sano non è solo estendere la durata della vita, ma migliorarne la qualità. Se l’anziano verrà trattato con dignità e incoraggiato a prendere decisioni e a mantenere la sua autonomia, la qualità della sua vita migliorerà.
La preoccupazione principale, sia da parte di chi ne soffre sia da parte di noi operatori, è quella di arginare le perdite, senza investigare per comprendere se vi sia la possibilità di interventi volti a ridurre gli episodi di incontinenza. Questa scelta spesso è una via senza ritorno e, se risulta essere un sistema rapido di soluzione dell’evento, è pur vero che agendo così non si affronta il problema, non si esercita nessuna azione critica sul perché avviene e non si ha quindi nessuna possibilità di prevenire l’insorgenza di nuovi episodi; si pongono invece i presupposti di una cronicizzazione del difetto. La persona passa da un’incontinenza saltuaria, dovuta allo stress della malattia, ad un’incontinenza cronica e ad uno stato generale di regressione e rassegnazione che incoraggia il suo isolamento.
L’incontinenza urinaria nell’anziano è un buon campo di prova dove assumere precise responsabilità inerenti a tutto il processo di assistenza, spesso senza dover acquisire nuove competenze, ma solo riorganizzando e ampliando quelle già possedute.
Il nuovo approccio all’incontinenza punta alla guarigione (cioè al recupero della continenza) con interventi che hanno dimostrato la loro efficacia tramite studi scientifici e interventi integrati di più professionisti (in particolar modo infermieri, medici, ostetriche e fisioterapisti). Prima di agire bisogna avere ben presenti quali sono le reali necessità dell’anziano, quali i suoi deficit e quali le sue funzioni residue.
L’incontinenza urinaria è una disfunzione che costituisce motivo di disagio psicofisico e sociale in numerose persone, in particolare donne post-menopausa, ma che tuttavia è presente anche nei maschi, specialmente se fumatori, obesi o affetti da una varietà di altre patologie.
L’incontinenza urinaria, in particolare nelle forme collegate a rilassamento muscolare del distretto pelvico, costituisce un sicuro motivo di interesse per l’assistenza per tutta una serie di ragioni, tra le quali la multidimensionalità degli effetti negativi per i soggetti che ne sono affetti, la buona risposta terapeutica ed approcci comportamentali non invasivi e il possibile protagonismo del paziente nella sua cura.
Questi tre elementi costituiscono infatti le condizioni tipiche per la messa in atto di interventi di assistenza volti allo sviluppo di autocura quale insieme di capacità del paziente di gestire la propria disfunzione al fine di mantenere elevata la qualità di vita e l’indipendenza dai servizi di cura.
Nel caso di alcuni tipi di incontinenza infatti, l’autocura riabilitativa consiste nello sviluppo di capacità contrattili della muscolatura pelvica, dello sfintere o di coordinamento complessivamente più efficace di tali strutture.
Molti studi hanno dimostrato che la recuperabilità del controllo urinario con approcci comportamentali è elevata, a basso costo e fattibile anche con tecnologie povere o inesistenti.
Il feedback, la persistenza nell’impegno e la corretta attuazione degli esercizi muscolari sono risultati infatti i principali fattori determinanti il recupero funzionale.
L’assistenza appropriata al paziente con incontinenza urinaria deve quindi necessariamente includere la possibilità riabilitativa. Ne consegue che l’infermiere deve essere competente nella patofisiologia dell’apparato di controllo e in metodiche di trattamento riabilitativo se vuole essere quel professionista del nursing che il suo profilo e la società stessa richiedono.
L’incontinenza urinaria e l’anziano
Con il passare degli anni aumenta la probabilità di sviluppare malattie croniche a carico di diversi organi ed apparati. Il fatto che gli effetti dei processi patologici tendano a sommarsi nel tempo (comorbilità) porta ad una progressiva complicazione dei nessi causali che dal processo patologico conducono alla disabilità. L’incontinenza urinaria è una delle grandi sindromi geriatriche: la sua prevalenza tra gli anziani che vivono a domicilio è del 20%, sale al 30% tra i ricoverati nei reparti per acuti ed al 50-60% tra i residenti nelle istituzioni. Nella popolazione femminile la prevalenza dell’incontinenza urinaria è pari al 20-30% nella fascia giovanile, al 30-40% nella fascia di mezza età e al 30-50% nella categoria degli anziani). Purtroppo per molte donne, ammettere di avere questo disturbo è ancora un tabù: solo il 20% delle donne con incontinenza urinaria chiede aiuto al proprio medico, preferendo chiudersi in casa e limitarsi in ogni attività.
Nella popolazione di età superiore ai 60 anni, il sesso femminile ha una probabilità di essere incontinente doppia rispetto al sesso maschile e la maggior parte degli studi dimostra che la prevalenza aumenta con l’avanzare dell’età.
Spesso inoltre si rende necessario l’uso di pannoloni assorbenti, che, come viene enfatizzato dalla pubblicità, trattengono ogni perdita, ma soprattutto diventano una comoda copertura per non affrontare più il problema. Accade cioè che un anziano che presenta un’incontinenza iniziale, se protetto da un panno assorbente, possa progressivamente peggiorare, in quanto, non avendo più timore di essere sgridato perché si bagna o perché provoca cattivi odori, si sente autorizzato a non controllarsi neppure nei momenti in cui sarebbe in grado di avvertire lo stimolo. Questo fatto spesso è addirittura favorito, in buona fede, dalle persone che lo assistono, che lo rassicurano o che lo confortano, considerando che costa meno tempo e meno fatica cambiare un pannolone in più piuttosto che dover accompagnare più volte il paziente al bagno e affrontare realmente il problema. Dal momento in cui viene indossato un pannolone, l’autorizzazione a bagnarsi diventa un pericolo nei casi in cui la persona anziana, che inizia ad avere incontinenze episodiche, possa ancora essere aiutata a controllarsi. È a questo livello che si innesta l’opera di ri-condizionamento e di rieducazione funzionale della capacità di controllo vescicale, partendo dall’assunto che l’anziano, per godere di una soddisfacente qualità di vita, deve mantenere il più a lungo possibile il maggior numero di funzioni integre.
Dunque l’incontinenza urinaria, oltre ad essere causata da alterazioni del basso tratto urinario, è causata anche dalla comorbilità extra-urologica, dalla disabilità (motoria e cognitiva) del paziente e da fattori estrinseci di natura ambientale o iatrogena (presenza di barriere architettoniche, indisponibilità dei caregivers capaci e motivati, cattiva gestione farmacologica e assistenziale). Con l’invecchiamento i fattori extra-urologici e quelli estrinseci assumono un rilievo crescente fino a diventare predominanti nel soggetto fragile o dipendente.
L’International Continence Society (ICS) ha definito l’incontinenza urinaria come condizione in cui la perdita involontaria di urina costituisce un problema igienico – sociale ed è oggettivamente dimostrabile; è anche definibile come l’emissione involontaria di urina in luoghi e tempi inappropriati. Sempre in accordo con l’ICS, l’incontinenza urinaria è:
– un segno (è un reperto obiettivo che presuppone una patologia che l’ha causata);
– un sintomo (che viene riferito dal paziente, talvolta in associazione ad altri sintomi);
– una condizione (rappresenta un disagio sociale per chi ne soffre). N.N A&V