In alto i calici: il vino rosso nella prevenzione della demenza!
Alcuni studi suggeriscono che entro la metà di questo secolo, ben 14 milioni di persone, solo in america, saranno affette dalla malattia di Alzheimer, con enormi pressioni sulle famiglie, sul sistema sanitario e sul bilancio economico. Le stesse proiezioni riguardano anche l’Europa. Ci sono ancora pregiudizi diffusi in merito a questioni relative alla prevenzione e al trattamento della patogenesi della malattia, e ci si ritrova comunque impreparati ad affrontare la situazione.
Per affrontare queste sfide, vari approcci terapeutici sono attualmente sotto inchiesta, principalmente nel tentativo di ritardare l’insorgenza della malattia e rallentare la sua progressione. Recenti studi epidemiologici (G.M. Pasinetti 2012) stanno ricercando la prova che alcuni polifenoli alimentari presenti nei prodotti dell’uva possono avere un ruolo protettivo contro la malattia di Alzheimer.
Mentre i fattori genetici sono molto rilevanti nei casi della malattia ad esordio precoce, il loro significato diminuisce nei casi di quella a forma tardiva. Fattori non genetici, tra i quali stili di vita modificabili e regimi alimentari quali il moderato consumo di bevande alcoliche , stanno ricevendo crescente
attenzione nella ricerca scientifica, specialmente alla luce della recente epidemiologia. Diversi studi (Review 2009) indicano che il consumo moderato di vino rosso è associato una minore incidenza di demenza e malattia di Alzheimer. Il vino rosso è arricchito di antiossidanti polifenoli con potenziali attività neuro protettive. Nonostante lo scetticismo relativo alla biodisponibilità di questi polifenoli, dati in vivo hanno dimostrato chiaramente le proprietà neuro protettive del naturale polifenolo resveratrolo. Inoltre, un recente lavoro in colture cellulari e modelli animali ha messo in luce i meccanismi molecolari potenzialmente coinvolti negli effetti benefici di assunzione del resveratrolo contro il processo neurodegenerativo nella malattia di Alzheimer (Jun Wang, G. M. Pasinetti 2010). Nessun fattore di rischio ambientale specifico è stato definitivamente identificato come associato con la malattia di Alzheimer. Tuttavia, la dieta ha un ruolo potenzialmente importante sia nelle cause sia nella prevenzione della malattia stessa. Questo è supportato da diverse osservazioni, per esempio, ci sono prove che le vitamine di omocisteina correlati, alcuni grassi e il consumo di vino rosso hanno un ruolo nella patogenesi della malattia.
Il primo studio, pubblicato nel 1997 (Orgogozo JM) , ha riferito che un moderato o lieve consumo di vino è stato associato ad un basso rischio di Alzheimer. Più tardi, uno studio caso-controllo (Truelsen T 2002), e uno studio di coorte (Luchsinger JA, 2004) nei soggetti di 65 anni e più, hanno confermato che l’assunzione di vino, ma non altre bevande alcoliche, è stato associato con un basso rischio di demenza, tra cui l’Alzheimer. Inoltre, una potenziale analisi dei fattori di rischio per Alzheimer nella popolazione canadese ha stabilito che il consumo di vino era il più importante protettivo contro la demenza riducendo il rischio di ammalarsi con percentuali anche del 50%. È interessante notare come l’assunzione di vino in questa popolazione sia risultata essere ancora più protettiva rispetto all’uso di farmaci anti-infiammatori non steroidei (FANS). Tuttavia, occorre sottolineare come il concetto che l’assunzione del vino, e più specificamente il consumo di vino rosso, possa abbassare il rischio della malattia è ancora controversa e rimane da essere chiaramente dimostrata. Tuttavia, Pasinetti e colleghi hanno fornito evidenze che il moderato consumo di vino rosso possa agire positivamente abbassando i livelli di alcune proteine. Anche se il resveratrolo non modificato sembra avere una debole biodisponibilità, diversi studi hanno chiaramente dimostrato le proprietà neuro protettive del vino rosso e dei polifenoli, sostenendo con forza l’idea che i metaboliti naturali del resveratrolo possono avere attività biologica.
Il vino rosso di cui si parla è stato generato utilizzando Cabernet Sauvignon da Fresno , in California , ed è stato utilizzato in una concentrazione finale di 6 % di etanolo . Si è scoperto che il Cabernet Sauvignon ha attenuato in modo significativo la malattia con particolare attenzione al deterioramento della memoria spaziale rispetto al campione di controllo (topi) che sono stati trattati sia con una quantità paragonabile di etanolo o di sola acqua . Gli studi suggeriscono quindi che il Cabernet Sauvignon esercita un benefico effetto promuovendo l’elaborazione di una proteina e di alcuni peptidi, che alla fine prevengono la generazione della malattia. In questo studio si sostiene e si evidenza, dal punto di vista epidemiologico, che un moderato consumo di vino , all’interno della gamma raccomandato dalle linee guida dietetiche della Food and Drugs Administration, un bicchiere al giorno per le donne e due per gli uomini , possono contribuire a ridurre il rischio relativo per la demenza di Alzheimer.
La ricerca, pubblicata sulla rivista Journal of Biological Chemistry, ha dimostrato come questi antiossidanti contenuti nel vino riescano di fatto a bloccare due proteine coinvolte nella formazione di placche tossiche che si pensa distruggano le cellule cerebrali. Non solo. I polifenoli sembrano in grado anche di diminuire la tossicità delle placche già esistenti, riducendo così il deterioramento cognitivo del paziente affetto da Alzheimer. Studi precedenti hanno visto che i polifenoli, contenuti anche nel tè, nel cacao e in numerose altre piante, sono capaci di inibire o prevenire la formazione delle fibre tossiche composte principalmente da due proteine che si depositano nel cervello e formano le placche che da tempo sono state associate con l’Alzheimer. In questo studio i ricercatori hanno tenuto sotto controllo il “comportamento” di queste due proteine proprio per vedere come fossero in grado di produrre aggregati capaci di uccidere le cellule nervose dei topi di laboratorio. Gli scienziati hanno poi trattato le proteine con polifenoli estratti dai semi di uva. È risultato che gli antiossidanti possono fare due cose importanti: bloccare la formazione degli aggregati tossici e ridurre la tossicità degli aggregati già presenti.
Il vino rosso, dunque,per combattere alcune gravi malattie degenerative non solo come l’Alzheimer, ma anche il Parkinson, l’Huntington e l’ischemia cerebrale. Un effetto neuro protettivo garantito da alcune sostanze presenti nella buccia dell’uva e nello stesso prodotto vinicolo.
Sembrerebbe essere efficace anche contro la demenza vascolare, come riportato sulla rivista Neural Regeneration Research (2012), un deficit cognitivo generato da una cattiva circolazione nell’area cerebrale.
Gli effetti garantiti da questo composto sono molteplici e a questi si aggiungono migliori capacità cognitive di apprendimento e memorizzazione mostrati in topi colpiti da demenza vascolare.
Che il vino facesse bene si sapeva. Che la sua forza venisse principalmente dai polifenoli lo si sospettava. Ma come questi importanti antiossidanti funzionino, rimane ancora poco chiaro. Quello che è stato scoperto è abbastanza chiaro. Se le proteine beta amiloidi non possono assemblarsi, non possono neanche formarsi gli aggregati e quindi non c’è tossicità. Lo studio suggerisce che la somministrazione di questi composti ai pazienti affetti da Alzheimer potrebbe bloccare lo sviluppo di aggregati tossici, “prevenendo lo sviluppo e anche migliorando la patologia esistente”. Una scoperta destinata a fare da battistrada visto che, fanno sapere i ricercatori, al momento non ci sono terapie in grado di modificare la malattia e i trial clinici finora effettuati sono stati piuttosto deludenti. N.N A&V
“..E’ ora di ubriacarsi! Per non essere schiavi martirizzati dal Tempo, ubriacatevi, ubriacatevi sempre! Di vino, di poesia o di virtù, come vi pare.” (Charles Baudelaire)
Chissà quanti bicchieri bisogna berne
La ricerca dice un bicchiere al giorno! Grazie per il suo interesse.
La Redazione di Anziani & Vita