La depressione nella terza età

La depressione è una patologia dell’umore, tecnicamente un disturbo dell’umore caratterizzata da un insieme di sintomi cognitivi, comportamentali, somatici ed affettivi che, nel  loro insieme, sono in grado di diminuire in maniera da lieve a grave il tono dell’umore, compromettendo il “funzionamento” di una persona, nonché le sue abilità ad adattarsi alla vita sociale. La depressione non è quindi, come spesso ritenuto, un semplice abbassamento dell’umore, ma un insieme di sintomi più o meno complessi che alterano anche in maniera consistente il modo in cui una persona ragiona, pensa e raffigura se stessa, gli altri e il mondo esterno.

L’anziano italiano è il più depresso d’Europa. E proprio perché depresso va incontro più facilmente all’infarto anche se non fuma, mangia bene e cammina. Lo rivela lo Studio ILSA (Italian Longitudinal Study on Aging) del CNR-Sezione Invecchiamento dell’Università di Padova . Sono più depresse le donne (58%) degli uomini (34%) oltre i 65 anni. Lo Studio ha seguito 5636 anziani per 13 anni, distribuiti in otto città: Milano, Genova, Padova, Firenze, Fermo, Bari, Napoli, Catania. Molti anziani vanno incontro a cambiamenti significativi nelle loro vite e fattori stressogeni che li espongono al rischio di depressione. Coloro che sono maggiormente a rischio sono soggetti con una storia familiare di depressione, che sviluppano una grave malattia fisica, che hanno dipendenza da alcol o droghe o un inadeguato supporto sociale. Alcune cause e fattori di rischio che contribuiscono allo sviluppo di depressione negli anziani includono:

  • Solitudine ed isolamento sociale: vivere da solo, perdere i propri cari;
  • perdita della propria autonomia: pensionamento e limitazioni nello svolgere le principali attività di vita quotidiana;
  • problemi di salute e malattie croniche;
  • eccessive terapie farmacologiche da assumere;
  • presenza di un recente trauma (perdita di una persona cara, di un animale, cambio di abitazione).

Gli anziani sono inoltre spesso isolati e ci sono poche persone che potrebbero notare il loro stato di depressione. I medici spesso si concentrano sui sintomi fisici degli anziani, lasciando in secondo piano aspetti più prettamente psicologici. Infine, gli anziani se depressi sono spesso poco inclini a discutere circa i propri sentimenti o a chiedere aiuto. Anche le modificazioni del Sistema Nervoso Centrale, proprie della senescenza, e soprattutto la presenza di processi organici degenerativi o di lesioni (es:ictus, Malattia di Parkinson, Demenza) costituiscono un importante fattore di rischio per lo sviluppo di un quadro depressivo. A tale proposito ci sono studi che ritengono la depressione il primo sintomo della demenza specie nella fase iniziale quando c’è l’insight di malattia, ovvero la presa di coscienza che qualcosa sta cambiando. Tuttavia lo strumento di autovalutazione Geriatric Depression Scale (GDS) e l’utilizzo del Mini Mental State Examination (MMSE utilizzato al fine di distinguere la pseudo-demenza imputabile alla depressione dalla demenza vera e propria) sono procedure che hanno registrato un certo successo nella diagnosi. Si rende necessario anche indagare sulla storia del disturbo nel soggetto per stabilire se esso è cronico o meno, tenendo presente la particolarità che il tempo che separa gli episodi depressivi diminuisce all’aumentare dell’età. Gli scopi della cura consistono nella riduzione dei sintomi psichici e fisici della depressione, nel miglioramento delle funzioni cognitive (attenzione, memoria, concentrazione, ecc.) e delle capacità relazionali, nella prevenzione delle ricadute e dei comportamenti suicidari che, come riporta la letteratura, hanno un’incidenza maggiore dei suicidi nel giovane. Ove risulti opportuno, va inoltre fornito un aiuto volto a migliorare le capacità della persona di gestire la disabilità, eventi di vita negativi o situazioni relazionali conflittuali. Un intervento di supporto psicologico con una psicoterapia, se accettati, possono dare ottimi risultati, fermo restando la necessità, in alcuni casi e a giudizio dello specialista, dell’intervento farmacologico. L’anziano depresso, più del giovane, può sviluppare sintomi quali irritabilità, ostilità o anche sospettosità, sino a veri e propri deliri di persecuzione (ad es. di gelosia o riferito al furto di oggetti personali). Altre espressioni depressive tipiche dell’età avanzata comprendono lamentele eccessive circa la perdita di memoria o la presenza di dolori vaghi, diffusi, mutevoli nella sede e nell’intensità, che vengono talora attribuiti a malattie inesistenti (ipocondria), mentre altre volte si confondono con quelli di una patologia fisica reale. Anche l’anoressia, la totale perdita di appetito e l’insonnia possono essere il campanello d’allarme di uno stato depressivo.  Infine, il vecchio depresso può percepire la vita come non più meritevole di essere vissuta e, nei casi più gravi, desiderare di porvi fine. L’aspettativa di vita, ormai ridotta, gioca un ruolo fondamentale nell’evoluzione della depressione così come la perdita di interessi e di amici con i quali si condividevano passioni e hobbies. La depressione senile ha un decorso ed una prognosi peggiore rispetto a quella degli adulti giovani: gli episodi sono più lunghi (anche anni) e la tendenza alle ricadute ed alla cronicizzazione è due volte più elevata. Per arrivare a vivere con serenità l’ultima parte della vita, senza cedere alla depressione e godendo di quello che ogni età può dare, sono necessari alcuni elementi. Intanto, bisogna essere integrati. Questo vuol dire che gli anziani che hanno creato delle buone amicizie nella vita, che hanno hobby e passioni da condividere, sono meno a rischio. E’ importante poter far parte di associazioni, gruppi e comunità che condividono gli stessi interessi e quindi essere meno soli. Gli interessi nella vita sono fondamentali ad ogni età e garantiscono una certa “compagnia” che si può ritrovare negli altri e  avere una rete di relazioni può diventare un ottimo elemento di prevenzione.       M.S. A&V

Bisogna amare le persone nella loro depressione. È il modo migliore per aiutarli ad uscirne. Quindi, la prima cosa da fare per aiutare una persona è iniziare a cambiare noi stessi.        Jean Vanier 

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